Chiuso e archiviato il caso “spinaci-mandragora” (che ha coinvolto un noto marchio) dove le indagini sui lotti di prodotto incriminati e ritirati dal commercio per precauzione, non hanno portato al ritrovamento di piante spontanee velenose o meglio delle sostanze tossiche che esse contengono (alcaloidi come atropina e scopolammina), Simone Beraldi (Agronomist, Large scale retailer Key Account, fruit & vegetables quality specialist di Sata srl) ha preparato un FOCUS sul problema.

Il pericolo proviene non sono dalla mandragora, ma anche da altre erbe spontanee come lo stramonio, il solanum, il senecio presenti accidentalmente nei campi coltivati come infestanti. Raccolte insieme alle specie coltivate possono finire quindi nel prodotto finito, a cui a volte possono anche assomigliare.

In effetti il rischio dovrebbe essere più elevato per chi produce farine vegetali, disidratati, estratti, surgelati o comunque in colture di pieno campo ad alta densità con raccolta meccanica (es. basilico, spinacio, bietoline, prezzemolo, coriandolo, etc.), piuttosto che in prodotti di IV gamma (insalate in busta pronte per il consumo), coltivate in ambiente protetto dove viene effettuata una gestione accurata in campo (monitoraggio, tecniche coltivazione, etc.) e in stabilimento (cernita). Quasi nullo il rischio per le piante che vengono raccolte manualmente come le insalate adulte, cavoli a testa oppure quelle colture raccolte meccanicamente ma non soggette a sfalcio (es. carote, porri, cipolle).

Le analisi per poter individuare nei prodotti alimentari la presenza di specie velenose sono essenzialmente di due tipi: merceologiche e chimiche. Le prime sono degli esami visivi e possono essere utilizzate soprattutto nei prodotti non trasformati es. vegetali IV gamma, dove ancora i vegetali sono tra l’altro abbastanza integri da poter essere riconosciuti. Le seconde sono di tipo chimico, realizzate in cromatografia liquida+spettrometria di massa, utilizzabili più che altro in prodotti trasformati, omogenei.

Si sottolinea come solo per i cereali siano, comunque, stati fissati dei limiti di riferimento per gli alcaloidi.

Nessun limite, ad esempio, per l’ortofrutta.

by Simone Beraldi SATA Srl


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